Gino Cecchettin chiede 1 milione di euro di risarcimento per l’omicidio della figlia Giulia. Processo lampo per Filippo Turetta.
Durante la prima udienza di fronte alla Corte d’assise a Venezia, tenutasi il 23 settembre 2024, erano presenti Gino, il papà di Giulia Cecchettin, la 22enne uccisa con 75 coltellate dal fidanzato Filippo Turetta. In aula non era presente la sorella Elena.
Omicidio Cecchettin, processo lampo per Filippo Turetta
Sarà un processo lampo quello a carico di Filippo Turetta, il giovane accusato di aver ucciso la fidanzata Giulia Cecchettin.
Turetta è accusato di omicidio volontario pluriaggravato, occultamento di cadavere, porto d’armi e sequestro di persona. Per tutti questi capi di accusa, il giovane – che ha confessato il delitto – rischia l’ergastolo.
Il ventiduenne, poi, sarà ascoltato il 25 e il 28 ottobre 2024, mentre le repliche e la discussione avranno luogo il 25 e il 26 novembre. Il 3 dicembre 2024, infine, giungerà la sentenza.
Gino chiede un milione di euro di risarcimento
Gino Cecchettin, padre di Giulia, ha richiesto un milione di euro di risarcimento per l’omicidio della figlia. Questa la prma richiesta dell’avvocato di parte civile, dopo l’inizio del processo a carico di Filippo Turetta.
“Un milione di euro è quanto abbiamo stimato possa essere un rimborso che Filippo Turetta dovrà alla famiglia di Giulia“, queste le parole di Nicodemo Gentile, che tutela anche la parte civile della sorella di Giulia, Elena.
Il papà della giovane, inoltre, afferma di non temere il confronto con l’omicida della figlia: “Perché dovrei? Il danno ormai lo ha fatto“, e aggiunge: “Non mi auguro nessun tipo di vendetta o di favore, sono sicuro che i giudici decideranno al meglio”.
Intanto, sono emerse diverse critiche in merito al fatto che la Corte, infatti, ha deciso che Differenza Donna, non dovesse prendere parte al processo come parte civile, in quanto ha ritenuto che l’associazione non abbia avuto un danno diretto dall’omicidio di Giulia Cecchettin, considerando anche il fatto che non ha sede in Veneto.
Ilaria Boiano, avvocata di Differenza Donna, ha affermato quanto segue: “Se qualcuno pensa che ci costituiamo parte civile per guadagnare del denaro si sbaglia, il nostro ruolo è di far emergere nel processo una parte di verità che spesso rimane nascosta“.